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Con la recente sentenza n. 33 di marzo 2021, la Corte Costituzionale afferma che l’interesse superiore del minore, a veder riconosciuto il legame di filiazione anche con il genitore non biologico, è bilanciato con lo scopo legittimo dell’ordinamento a non incentivare il ricorso alla pratica della maternità surrogata, penalmente sanzionata.

Tutto nasce dal caso di una coppia omosessuale di nazionalità italiana, che, unita in matrimonio in Canada, ha deciso di portare avanti la pratica della maternità surrogata.

Formato dai gameti di una donatrice anonima e di uno dei due uomini, l’embrione è stato impiantato nell’utero della donna, da cui è nato poi il bambino.

Il neonato è stato quindi consegnato ai due uomini, ma nell’atto di nascita è stato indicato solo il padre biologico del minore.

Nessuna menzione della madre surrogata e del compagno del padre. 

Ritornata in Italia, la coppia ha chiesto il riconoscimento del provvedimento canadese in Italia.

La Corte d’Appello di Venezia ha accolto il ricorso, ma l’avvocatura dello Stato ha proposto ricorso per cassazione.

Qual è lo stato civile dei bambini nati con la pratica della maternità surrogata, per altro vietata dall’ordinamento italiano?

Che legame ha il nascituro con il genitore non biologico, che condivide il progetto, ma senza dare il suo apporto genetico?

La Consulta ribadisce in via prioritaria, la posizione già presa in pronunce precedenti, per la quale il divieto di surrogazione di maternità – sanzionato penalmente – è un principio di ordine pubblico posto a tutela di valori fondamentali.

Tale tipo di maternità “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”.

Inoltre, gli accordi tra la coppia (in questo caso quella omosessuale) con la donna prestatrice di utero comporterebbero un reale rischio di sfruttamento di donne che si trovino in uno stato economico di bisogno o in condizioni sociali disagiate.

Tali donne potrebbero essere indotte ad accettare la gravidanza solo per motivi di bisogno personali, ecco perché deve essere ribadita la condanna di “qualsiasi forma di maternità surrogata ai fini commerciali”.

Quale tutela per il minore nato da una pratica vietata in uno Stato in cui la maternità surrogata è consentita?

Per garantire il riconoscimento giuridico del rapporto tra il minore e il genitore non biologico è sufficiente il procedimento di adozione effettivo e celere.

MARGHERITA MARIANI