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Chi è Julian Paul Assange?

Australiano, giornalista, programmatore, hacker ed attivista, è il fondatore dell’organizzazione WikiLeaks.

Dal 2010 è divenuto celebre per aver rivelato, proprio grazie a WikiLeaks molti documenti statunitensi, riguardanti raccapriccianti crimini di guerra, immagini che hanno scosso le coscienze di tutto il Mondo.

Per queste gravissime rivelazioni, ha ricevuto numerosi apprezzamenti ed onorificenze, oltre ad essere stato ripetutamente proposto per il Premio Nobel per la Pace.

Ma proprio questa sua incredibile attività, fatta di informazione e trasparenza, con le rivelazioni, tra le altre cose, sulle guerre americane in Medio Oriente, lo ha portato contemporaneamente ad una pesantissima accusa mossa dal Governo degli stati Uniti, di alto tradimento, cospirazione e spionaggio.

Costretto ad un lungo e forzato esilio di alcuni anni, presso l’Ambasciata dell’Ecuador, dal 2019 è stato incarcerato nel Regno Unito, presso il carcere di Belmarsh, sia per violazione dei termini della libertà, conseguenti alle controverse accuse di stupro (archiviate) in Svezia, sia in relazione alla richiesta di estradizione fatta dagli Stati Uniti d’America.

Una saga giudiziaria, quella di Assange, che ha fatto sorgere molti interrogativi su quale sia il confine tra libertà di stampa e sicurezza nazionale.

La detenzione dell’attivista australiano, la sua possibile estradizione ed il processo a suo carico negli USA, hanno – soprattutto in questi ultimi mesi – suscitato una forte protesta e numerosi appelli da parte di molti che ne chiedono il rilascio.

A mobilitarsi, in tutto il Mondo, sono state molte associazioni ed organizzazioni per i diritti umani, fino al relatore ONU sulla tortura che, a novembre 2019 ha dichiarato che egli dovesse essere rilasciato e la sua estradizione negata.

Appelli che si sono susseguiti, fino a quello di inizio dicembre 2020, sempre da parte del relatore ONU sulla tortura, in cui si chiedeva che il prigioniero fosse trasferito dal carcere agli arresti domiciliari.

L’ultimo capitolo è stato scritto ieri, 4 gennaio 2021, quando la giustizia inglese ha negato l’estradizione di Assange per motivi di salute, mentale specificatamente, poiché è stato dichiarato alto il rischio del suicidio.

Julian Assange, pertanto, non verrà estradato negli Stati Uniti – dove lo attendevano svariati capi d’accusa, diciotto, per la precisione, per spionaggio e pirateria informatica, che gli sarebbero costati fino a 175 anni di carcere.

La giudice Baraitser, della Corte penale londinese di Old Bailey, ha ritenuto che un trasferimento negli USA sarebbe stato devastante per il fondatore di WikiLeaks, già molto provato anche nel fisico.

Nel suo stato psicologico, infatti, avrebbe certamente tentato il suicidio.

Si resta ora in attesa degli eventi: ovvero di un ricorso, già annunciato, da parte del dipartimento di Giustizia americano, che ha manifestato la propria “estrema delusione” per la sentenza, mentre Assange resta nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh.

Cosa succederà?

MARGHERITA MARIANI