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di Beatrice Silenzi

Negli ultimi decenni il linguaggio dell’amore, del corteggiamento e delle relazioni si è arricchito di termini provenienti dall’inglese o dal gergo giovanile.
Parole come flirt, rimorchio e dating sono entrate nell’uso comune, ma spesso vengono usate come sinonimi, creando confusione.
In realtà, ciascuna esprime una sfumatura precisa di un fenomeno universale: l’incontro tra due persone che si piacciono. Capire la differenza non è un esercizio puramente linguistico: significa cogliere i mutamenti sociali e culturali che hanno trasformato il modo in cui uomini e donne (ma anche coppie di ogni orientamento) si avvicinano, si osservano e si scelgono.

La parola flirt ha assunto in italiano una connotazione quasi leggera, frivola, talvolta superficiale.
Indica una relazione breve, passeggera, spesso priva di un reale impegno. Il flirt può avvenire in una serata estiva, durante una vacanza, a una festa, ma anche sul luogo di lavoro o in palestra. È fatto di sguardi, battute, piccoli gesti che non implicano necessariamente un seguito.

È un gioco sociale. Non è detto che conduca a una relazione stabile: talvolta resta un episodio, altre volte diventa la scintilla di qualcosa di più serio. Ma alla base c’è sempre una componente ludica, quasi teatrale, in cui il fascino personale e la capacità di sedurre contano più dell’obiettivo finale.

Molti psicologi sociali sottolineano che il flirt ha una funzione importante: permette di testare il terreno senza esporsi troppo. In altre parole, si tratta di una “zona grigia” tra semplice interazione e vero e proprio corteggiamento.

Diversa è la connotazione del termine rimorchio, nato nel gergo giovanile degli anni Settanta e Ottanta.
Qui il linguaggio tradisce un’idea più diretta, quasi pragmatica, della conquista amorosa o sessuale. “Rimorchiare” significa infatti riuscire a portare a termine un obiettivo: ottenere un appuntamento, un bacio, una notte insieme.

Il rimorchio richiama più l’arte della persuasione che quella della seduzione sottile. È il terreno dei locali notturni, delle discoteche, delle piazze affollate.
Ha qualcosa di competitivo, come una sfida da vincere. 
Uno corteggia, l’altro (o l’altra) valuta se accettare o respingere. È un linguaggio che appartiene soprattutto alla dimensione giovanile, ma che resiste anche oggi, pur avendo perso parte della sua centralità con l’avvento delle app di incontri.

La parola dating invece, racconta un fenomeno molto più recente. Arrivata direttamente dal mondo anglosassone, si riferisce al sistema di appuntamenti strutturati, tipico della cultura americana, e oggi diffuso globalmente grazie a piattaforme e applicazioni dedicate.

Fare dating significa uscire con qualcuno per conoscersi, con l’idea – più o meno esplicita – di valutare una compatibilità amorosa o sessuale. Non nasce per caso in una serata qualsiasi, ma attraverso strumenti come Tinder, Bumble, Meetic o altre app che hanno normalizzato il concetto di “incontro su appuntamento”.

Se osserviamo questi tre termini come capitoli di una storia, notiamo che ciascuno rappresenta un’epoca e una mentalità.
Tutte e tre le parole convivono oggi, ma ognuna svela un diverso modo di vivere l’incontro amoroso.

In fondo, dietro al vocabolario del corteggiamento, si nasconde una verità semplice: ogni epoca inventa i suoi linguaggi per esprimere bisogni antichi quanto l’uomo. E se cambiano le parole, resta immutato il desiderio di incontrarsi, conoscersi e – magari – innamorarsi.