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di Beatrice Silenzi

È tempo di Carbon Tax, ovvero, di una tassa sul carbonio, per promuovere una transizione ambientale, attraverso la tassazione.

Già, perché le questioni ambientali – a lungo trascurate – sono ora al centro del dibattito europeo.

E di Carbon Tax si parla da tanto, troppo tempo, mentre il Continente europeo attraversa un significativo cambiamento nei suoi paradigmi sociali e di produzione.

Ridurre le emissioni inquinanti, prima che sia troppo tardi!
Lo dicono tutti. Prima che sia troppo tardi, è quasi un mantra.
Molti piani e progetti sono da decenni, in discussione per raggiungere quell’ambizioso obiettivo delle emissioni zero.

La resistenza maggiore arriva com’è logico supporre, dall’attuale settore industriale e da quelle abitudini quotidiane profondamente radicate, difficili da cambiare.

  • Cos’è la Tassa sul Carbonio?

Introdotta negli anni ’90 in alcuni Paesi dell’Unione Europea ha incontrato molta resistenza e, di conseguenza, i suoi effetti sono stati ritardati.

Tuttavia, negli ultimi anni, la sua importanza – ai fini della conservazione dell’ambiente – è stata compresa meglio.
Al vertice del G20 del 2021 a Venezia, i leader mondiali ne hanno espresso il sostegno.

  • Come funziona?

Chiedendo conto ai Paesi in base alle loro emissioni che alterano il clima e che vengono immesse nell’atmosfera in un determinato periodo.

È una tassa ecologica, dunque.
Un’aliquota prestabilita viene applicata su ogni tonnellata di anidride carbonica prodotta dalle aziende.

La motivazione del provvedimento è chiara e si basa sul fatto che i responsabili dell’inquinamento ambientale devono sostenere almeno una parte dei costi.

La tassa mira a scoraggiare l’uso di carburanti inquinanti spingendo le aziende verso fonti di energia più sostenibili con un minor impatto sulle emissioni di gas serra.

È importante notare che il biossido di carbonio (CO2) non è l’unico tipo di inquinante preso in considerazione (si parla anche di metano e di ossido di diazoto) ma quello che gli esperti ritengono abbia il maggiore impatto, contribuendo per oltre la metà all’effetto serra causato dalle attività umane.

Ed oggi?

A partire dal 1 ottobre è entrata in vigore la tassa sul carbonio dell’UE alle frontiere.
Cosa significa? Nulla per il momento.

Per ora, infatti, sarà in fase di test e il dazio CO2 – volto a equiparare il prezzo del carbonio dei prodotti europei con quelli importati – non sarà applicato.

Fino al 2026, gli operatori dovranno solo segnalare le emissioni dei prodotti importati nei settori del cemento, del ferro e dell’acciaio, dell’alluminio, dei fertilizzanti, dell’elettricità e dell’idrogeno, ma le multe previste (da 10 a 50 euro per tonnellata) per coloro che non rispettano questa disposizione, sono in agguato!

Diversi Paesi in tutto il mondo hanno implementato tasse sul carbonio o sistemi di limitazione e scambio.

La Svezia, la Norvegia e la Finlandia, come detto, l’hanno introdotta, per prime all’inizio degli anni ’90, cosa che ha portato, da un lato, a una significativa diminuzione delle emissioni, dall’altro, ad una continua crescita economica.

Anche il Canada ha implementato un sistema federale di tassazione, fornendo maggiore flessibilità nel raggiungere gli obiettivi di riduzione.

  • I vantaggi

Il principale vantaggio della tassa sul carbonio è la riduzione delle emissioni.

In secondo luogo i governi ricevono entrate significative dalle tasse, da reinvestire in altri progetti ed iniziative di efficienza energetica.

Le tasse, infine, stimolano l’innovazione incentivando lo sviluppo di tecnologie e processi più puliti.