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di Beatrice Silenzi

La Befana, figura del folklore italiano, ha radici antiche che affondano nei riti propiziatori pagani, successivamente ereditati dai Romani.

Il suo mito si sviluppa nelle dodici notti successive al solstizio d’inverno, durante un periodo dedicato alle celebrazioni per la rinascita della Natura.

In questo contesto, si credeva che misteriose figure femminili volassero sui campi per propiziare i futuri raccolti, guidate da Diana, dea lunare della caccia e della vegetazione, o da Sàtia, legata al concetto di sazietà.

L’iconografia della “donna volante” sul manico di scopa trae le sue origini da queste credenze antiche.

La tradizione della calza da riempire, invece, potrebbe derivare dalla forma dei sacchi logori, pieni di doni che la Befana trasporta.

Sacchi deformati dal peso che assomigliano a calzettoni ripieni ed appesi: la figura della vecchina vestita di stracci rappresenta il concetto di anno vecchio, consumato o – secondo alcuni – dell’inverno poco generoso.

Questa figura ha un parallelo in Perchta o Berchta, anziana donna celebrata in alcune aree di Austria e Germania dodici giorni dopo il Natale.

L’usanza di bruciare fantocci vestiti di stracci durante le festività per il nuovo anno è diffusa in molte città d’Italia e d’Europa, mentre la scopa simboleggia purificazione, pulizia e rinascita.

L’associazione della Befana alla figura della strega, potrebbe derivare dalla contaminazione con Halloween o dalla condanna del Cristianesimo nei confronti della simbologia pagana.

Il termine “Befana”, invece, proviene dalla corruzione lessicale di “Epifania” attraverso “bifanìa” e “befanìa”.

Un tentativo moderno di cristianizzare la festa associa la Befana ai Magi, raccontando di un incontro tra i sacerdoti del racconto biblico e la vecchina, che alla fine inizia a distribuire doni agli altri bambini, cercando di espiare una presunta colpa.